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    Emilio Praga

    All'amico

    Quando era colma l’anima
    Di affetti e di armonie,
    Ho prodigato al lastrico
    Le esuberanze mie;
    E tracannai, beffandoli,
    Vini di insulse ebrezze,
    E dispersi carenze
    Che ricordar non so.

    Ma non mi infanghi il plauso
    Dell’ebete orgoglioso
    Che urtai, fra gonne e calici,
    Nel suo cammin famoso;
    Se nei caffè sbadiglia
    D’arte, per noia e moda,
    Che il nome mio non s’oda,
    O ch’ei lo insulti io vo’!

    L’insulto e la calunnia,
    Sposati in un sorriso,
    Non turberan, scontrandola,
    L’ironia del mio viso;
    Nell’orgia e nella nebbia
    Fui di un mio sogno in traccia,
    Nè ho mai guardato in faccia
    I corpi intorno a me.

    Tu, biondo e malinconico
    Compagno di visioni,
    Cui palpitando mormoro
    Le torbide canzoni,
    Tu sai le mie battaglie,
    Le mie superbie sai,
    E presto mi vedrai
    Venir ridendo a te;

    E dirti: il ciuco e il ninnolo,
    Il masso e la beghina,
    Son scesi a conciliabolo,
    Una bella mattina,
    E han giurata impossibile,
    In nome del buon senso,
    La cara arte ch’io penso
    Quella che pensi tu.

    Arrigo, e alla materia
    E all’azzurro ineggiando,
    Le sordità del prossimo
    Ritenterem, cantando,
    Forse profeti inutili,
    Ma lieti, in santa guerra,
    Gli aromi della terra,
    Gli effluvii di lassù!




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