Library / Literary Works

    Giuseppe Parini

    In morte del maestro Sacchini

    Te con le rose ancora
    Della felice gioventù nel volto
    Vidi e conobbi, ahi tolto
    Sì presto a noi da la fatal tua ora
    O di suoni divini
    Pur dianzi egregio trovator SACCHINI!

    Maschia beltà fiorìa
    Nell’alte membra; dai vivaci lumi
    Splendido di costumi
    E di soavi affetti indizio uscìa:
    Il labbro era potente
    Dell’animo lusinga e de la mente.

    All’armonico ingegno
    Quante volte fe’ plauso; e vinta poi
    Da gli altri pregi tuoi
    Male al tenero cor pose ritegno
    Damigella immatura,
    O matrona di sè troppo secura!

    Ma perfido o fastoso
    Te giammai non chiamò tardi pentita:
    Nè d’improvviso uscita
    Madre sgridò nè furibondo sposo,
    Te ingenuo, e del procace
    Rito de’ tuoi non facile seguace.

    Amò de’ bei concenti
    Empier la tromba sua poscia la Fama;
    Tal che d’emula brama
    Arser per te le più lodate genti
    Che Italia chiuda, o l’Alpe
    Da noi rimova, o pur l’Erculea Calpe.

    E spesso a breve oblìo
    La da lui declinante in novo impero
    Il Britanno severo
    America lasciò: tanto il rapìo,
    Non avveduto ai tristi
    Casi, l’arguzia onde i tuoi modi ordisti.

    O, se la tua dal mare
    Arte poi venne a popol più faceto,
    Nel teatro inquieto
    Tacquer le ardenti musicali gare;
    E in te sol uno immoti
    Stetter dei cori e de l’orecchio i voti:

    Poi che da’ tuoi pensieri
    Mirabile di suoni ordin si schiuse,
    Che per l’aria diffuse
    Non peranco al mortal noti piaceri,
    O se tu amasti vanto
    Dare a i mobili plettri, o pure al canto.

    Fra la scenica luce
    Ben più superbi strascinaron gli ostri
    I prezïosi mostri,
    Che l’Italo crudele ancor produce;
    E le avare sirene
    Gravi a l’alme speràro impor catene;

    Quando su le sonore
    Labbra di lor tuo nobil estro scese;
    E novi accenti apprese
    Delle regali vergini al dolore,
    O ne’ tragici affanni
    Turbò di modulate ire i tiranni.

    Ma tu, del non virile
    Gregge sprezzando i folli orgogli e l’oro,
    Innalzasti il decoro
    Della bell’arte tua, spirto gentile,
    Di liberi diletti
    Sol avido bear gli umani petti.

    Nè, se talor converse
    La non cieca Fortuna a te il suo viso;
    E con lieto sorriso
    Fulgido di tesoro il lembo aperse,
    Indivisi a gli amici
    I doni a te di lei parver felici.

    Ahi sperava a le belle
    Sue spiagge Italia rivederti alfine;
    Coronandoti il crine
    Le già cresciute a lei fresche donzelle,
    Use di te le lodi
    Ascoltar da le madri e i dolci modi!

    Ed ecco l’atra mano
    Alzò colei, cui nessun pregio move;
    E te, cercante nuove
    Grazie lungo il sonoro ebano in vano,
    Percosse; e di famose
    Lagrime oggetto in su la Senna pose.

    Nè gioconde pupille
    Di cara donna, nè d’amici affetto,
    Che tante a te nel petto
    Valean di senso ad eccitar faville,
    Più desteranno arguto
    Suono dal cener tuo per sempre muto.




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