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    Isabella Morra

    Torbido Siri, del mio mal superbo

    Torbido Siri, del mio mal superbo,
    or ch’io sento da presso il fin amaro,
    fa’ tu noto il mio duolo al Padre caro,
    se mai qui ’l torna il suo destino acerbo.

    Dilli come, morendo, disacerbo
    l’aspra Fortuna e lo mio fato avaro
    e, con esempio miserando e raro,
    nome infelice a le tue onde serbo.

    Tosto ch’ei giunga a la sassosa riva
    (a che pensar m’adduci, o fiera stella,
    come d’ogni mio ben son cassa e priva!),

    inqueta l’onde con crudel procella
    e di’: – Me accreber sì, mentre fu viva,
    non gli occhi no, ma i fiumi d’Isabella.




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