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    Nicola Sole

    La vita

    AD UN BAMBINO


    Cresci, e vago ti arrida
    Il fior de la salute, o bambinello,
    E di fraterna guida
    Ti sia cortese ognor l’angiol più bello.

    Ne’ secoli venturi
    Un nome forse glorioso avrai:
    Forse infecondi oscuri
    Sulla polve del mondo anni vivrai.

    In qual vicenda o stato
    Fornir tu deggia, o peregrin, la vita,
    La fornirai beato,
    Se fede avrai ne la credenza avita.

    Non è misera valle
    La terra a lui ch’oltre la tomba ha fede,
    Nè per incerto calle
    Fremendo ei move, e disperando, il piede;

    Ma fra’ tumulti umani
    Confidente e sereno i passi avanza,
    Fiso in mondi lontani
    Radianti pel buio a la speranza.

    E d’operoso amore
    Ai suoi comperegrini anche sovviene,
    E forte vïatore
    Manco per gioia o per dolor non viene.

    Chè le gioie mortali
    Con cuor misura, che a l’eterne asseta;
    Chè de la vita i mali
    Obblia pensando a la promessa meta.

    E sè medesmo a prova
    Urge per l’ombra a la beata riva,
    Com’esule che mova
    Innanzi l’alba a la città nativa.

    Io ti precorro; e quando
    Codeste luci che soave appanni
    Gireran scintillando
    Pei rosei campi dell’april degli anni,

    Io, peregrin canuto,
    Sui gioghi de la vita ultimi assiso,
    Andrò pensoso e muto
    L’alba aspettando de l’eterno riso;

    O avrò deposti omai
    Sul limitar del ciel socco e conchiglia,
    E negli eterni rai
    Rimpatrïato acqueterò le ciglia.

    Non ti sia grave allora
    Meditar questi versi in parte alcuna,
    Onde a la prim’aurora
    Del tuo vïaggio io t’infiorai la cuna.




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