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    Aleardo Aleardi

    L'aurora boreale del 25 ottobre 1870

    Luce di sangue pel notturno cielo
    Splende da raggi lividi ricorsa,
    Languono incerti sotto il roseo velo
    I sette soli della gelid’orsa.

    Forse laggiù nell’etere profondo
    Dietro la terra, ove occhio non arriva
    S’agita in fiamme un condannato mondo,
    Che dell’Eterno il fulmine colpiva

    E si riflette colassù. La gente
    Si affaccia a le finestre, apre le porte,
    Discinta accorre, attonita, temente
    Il prodigio a mirar giù ne la corte.

    L’avolo annoso in mezzo a la famiglia,
    Caccia le mani ne la scarsa chioma,
    Ed in aria profetica bisbiglia
    Non so che di Pontefice e di Roma.

    Ombra di qualche antico Augure sorgi
    Dall’Ipogeo del tuo funereo colle
    Osserva il Polo, di’ quello che scorgi
    E il ver dichiara a questo vulgo folle.

    Una gran voce favellò dal monte
    E più corrusco il firmamento apparve:
    "La podestà sacerdotal, bifronte,
    » Che tenne l’alme in tenebre, disparve

    » Per non più ritornar. Quella è l’aurora
    » D’un secol novo, intelligente e pio.
    » L’Italia à spento il Vaticano, ed ora
    » Là ne fan festa gli angioli di Dio."


    In villa, tra i monti.




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