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    Arturo Graf

    Dopo venticinque anni

    In questa selva folta,
    Che al vento ondeggia e freme,
    N’era dolce, una volta,
    Di gir vagando insieme,

    E di smarrirci, come
    Gl’innamorati fanno: —
    Del pentimento il nome
    Ignoravamo e il danno. —

    In quel tempo beato
    Era nostra ogni cosa:
    Per noi la selva e il prato
    E la spiga e la rosa;

    Per noi soli il giocondo
    Verso degli usignuoli;
    Per noi la vita. Al mondo
    C’eravam noi due soli.

    Come fuggivan l’ore
    In quell’incantamento!...
    Adesso è lento il core,
    E il tempo anche più lento. —

    O solitario bosco,
    Che sali agli erti gioghi,
    Io tutti riconosco
    Di mia ventura i luoghi.

    Ogni tronco, ogni rivo,
    E i sassi, e le sorgenti,
    Pajono dir: Sei vivo?
    Pajono dir: Rammenti?

    Se rammento!? Sicura
    E semplice è la storia:
    E poi Madre Natura
    Mi diè buona memoria.

    Se son vivo!?... Mi sembra:
    Ma forse un sogno plasma
    Queste che pajon membra;
    Forse io sono un fantasma.

    Sia pure. O vivo o morto,
    Che fa? Dura il tormento,
    Se il piacere fu corto;
    E troppo ben rammento.

    All’ombra di quel pino,
    Che s’innalza sublime,
    Ella pianse un mattino
    Al suon delle mie rime.

    Pianse (la vedo ancora!)
    Teneramente. Oh, lieti,
    Oh, cari affanni! Allora
    Ella amava i poeti.

    Là, dove son le frante
    Rupi al salire inciampo,
    Ella con man tremante
    Mi porse un fior di campo.

    Un fior più che vermiglio,
    Un fiore sanguinoso,
    Ch’avea strappato al ciglio
    D’un borratel sassoso.

    Ed io tuttor conservo
    Quel fiore inaridito
    Tra i fogli d’un protervo
    Libricciuol proibito.

    Qui le sostenni il passo;
    Qui le fui scudo al petto:
    Ivi al bel corpo lasso
    Feci tra l’erbe un letto.

    Su quel masso travolto,
    Sotto quel curvo ramo,
    Trascolorata in volto,
    Ella mi disse: T’amo!

    Colà, dove quel fonte
    Sgorga chiaro e sonoro,
    Chinò l’altera fronte,
    E mormorò: T’adoro!

    E qui, dove si perde
    Nel querceto ogni via,
    Su questo balzo verde,
    Qui, sotto il sol, fu mia.

    Fu mia!... Tempi lontani! —
    Fu. — Troppe cose anch’esse
    Furono. — Sogni vani!
    Menzognere promesse!

    Ora qua ’ntorno sperso
    Vommi aggirando e solo,
    E torturando il verso
    Inganno il tempo e il duolo.

    Questo d’amore il frutto!
    Questo alla tarda e greve
    Stagione il premio! — Tutto
    Ciò che finisce è breve.

    O caro bosco, addio!
    All’ombre tue quassù
    Altri verrà, non io:
    Non mi vedrai mai più.

    Rifrustare il passato
    È un misero conforto:
    Quello ch’è stato è stato;
    Quello ch’è morto è morto.


    Le rime della Selva




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