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    Lorenzo de' Medici

    Canzona de' cialdoni

    Giovani siam, maestri molto buoni,
    donne, come udirete, a far cialdoni.

    In questo carnascial siamo svïati
    dalla bottega, anzi fummo cacciati:
    non eron prima fatti che mangiati
    da noi, che ghiotti siam, tutt’i cialdoni.

    Cerchiamo avviamento, donne, tale,
    che ci passiamo in questo carnasciale;
    ma sanza donne inver si può far male:
    e insegnerenvi come si fan buoni.

    Metti nel vaso acqua, e farina drento
    quanto ve n’entra, e mena a compimento:
    quand’hai menato, e’ vien come un unguento,
    un’acqua quasi par di maccheroni.

    Chi non vuole al menar presto esser stanco,
    meni col dritto e non col braccio manco;
    poi vi si getta quel ch’è dolce e bianco
    zucchero; e fa’ il menar non abbandoni.

    Conviene, in quel menar, cura ben aggia,
    per menar forte, che di fuor non caggia,
    fatto l’intriso, poi col dito assaggia:
    se ti par buon, le forme a fuoco poni.

    Scaldale bene, e, se sia forma nuova,
    il fare adagio ed ugner molto giova;
    e mettivene poco prima, e pruova
    come rïesce, e se li getta buoni.

    Ma, se la forma sia usata e vecchia,
    quanto tu vuoi, per metterne, apparecchia,
    perché ne può ricevere una secchia;
    e da Bologna i romaiuol’ son buoni.

    Quando l’intriso nelle forme metti
    e senti frigger, tieni i ferri stretti,
    mena le forme, e scuoti acciò s’assetti,
    volgi sozzopra, e fien ben cotti e buoni.

    Il troppo intriso fuori spesso avanza,
    esce pe’ fessi, ma questo è usanza:
    quando ti par che sia fatto abbastanza,
    apri le forme e cavane i cialdoni.

    Nello star troppo scema, non già cresce:
    se son ben unte, da sé quasi n’esce,
    e ’l ripiegarlo allor facile rïesce
    caldo, e in un panno bianco lo riponi.

    Piglia le grattapugie od un pannuccio
    ruvido, e netta bene ogni cantuccio;
    la forma è quasi una bocca di luccio;
    tien ne’ fessi lo intriso che vi poni.

    Esser vuole il cialdone un terzo o piùe
    grosso, a ragione aver le parti sue:
    ed a farli esser vogliono almen due,
    l’un tenga, l’altro metta; e’ fansi buoni.

    Se son ben cotti, coloriti e rossi,
    son belli, e quanto un vuol mangiarne puossi;
    perché, se paion ben vegnenti e grossi,
    strignendo e’ son pur piccioli bocconi.

    Donne, terrete voi e noi mettiamo;
    se noi mettessin troppo forte o piano,
    pigliate voi il romaiuolo in mano:
    mettete voi, purché facciam de’ buoni.


    Canti carnascialeschi




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