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    Ludovico Savioli

    Il Teatro

    Ecco Decembre: avanzano
    Le fredde notti ingrate;
    Liete ai teatri assistono
    Cogli amator le amate.

    Componi i crini: adornati,
    E il fido specchio ascolta:
    Non t’affrettar; sollecita
    Esser non dei, ma colta.

    Tarda ai Roman spettacoli
    L’altera Giulia venne;
    Ma i primi onor del Lazio
    Sull’altre belle ottenne.

    Vanne, e trionfa: invidia
    Impallidisca, e taccia:
    Godi beata, e assiditi;
    Io sederotti in faccia.

    Acquisterà mie lagrime
    La tua pietate a Dido:
    Se a te dispiace, in odio
    Sarammi il Teucro infido.

    I sonni miei non turbano
    Sdegnati il padre, e Giove;
    Me, come Enea, non chiamano
    Regni a mercarmi altrove.

    Pur fosse ciò: non l’abbiano
    I saldi fati a sdegno:
    Tu mi saresti Italia,
    Tu gloria a me, tu regno.

    Ma qual terror colpevole
    Ad agghiacciar mi sforza?
    Ahi gelosía, che esercita
    In me l’antica forza!

    Chiudean l’Acrisia Danae
    Torri di doppio acciaro:
    Giove la vide, ed aureo
    Colmolle il seno avaro.

    Te ne’ teatri, e libera
    Potrò sperar sicura,
    Se a tanto un dì non valsero,
    Lasso! le ferree mura?

    Oh ai tempi almi di Tazio
    Beata età Latina!
    Oh in pregio allor, difficile
    Rusticità Sabina!

    Essa, che i tempi abborrono,
    Da te però non chieggio:
    Tu mal prometterestila,
    La manterresti peggio.

    Leggi io darò più facili;
    Queste a serbar consenti:
    Odile, e non le portino
    Seco per l’aria i venti.

    Rendi i saluti: il vogliono
    Giustizia, e cortesía;
    Ma il tuo saluto augurio
    Felice altrui non sia.

    Abuso i baci or tollera
    Sulla femminea mano.
    Chiesta una volta ottengasi;
    Si chiegga un’altra invano.

    Nè ai baci o freddi, o fervidi,
    Riso gentil risponda;
    E loderò, che l’invido
    Guanto le mani asconda.

    Se mai, che i Dii nol soffrano,
    Vicino alcun ti siede,
    Le vesti tue nol coprano,
    E a te raccogli il piede.

    Può forse a donna increscere,
    Se bella altri la chiama,
    E se leggiadro giovane
    Sente a giurar che l’ama?

    Poichè il vietarlo è inutile,
    Io soffrirò che ascolti;
    Ma il tuo ventaglio ascondere
    Non voglia ad ambo i volti.

    Egli sarebbe un tacito
    A pronti furti invito;
    Amore al cor fa intenderlo,
    E rende all’opra ardito.

    Guai se qui manchi; e misero
    Mi fanno i casi, e l’uso:
    Sai che in furor degenera
    Soverchio Amor deluso.

    Non al securo Apolline
    Solo Piton soggiacque:
    Spergiura al Dio, Coronide
    Provò gli strali, e giacque.




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