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    Mario Rapisardi

    Il canto dei mietitori

    LA falange noi siam de’ mietitori
    E falciamo le messi a lor signori.

    Ben venga il Sol cocente il Sol di giugno,
    Che ci arde il sangue e ci annerisce il grugno,
    E ci arroventa la falce nel pugno,
    Quando falciam le messi a lor signori.

    Noi siam venuti di molto lontano
    Scalzi, cenciosi, con la canna in mano,
    Ammalati da l’aria del pantano
    Per falciare le messi a lor signori.

    I nostri figlioletti non han pane,
    E chi sa? forse moriran domane
    Invidïando il pranzo al vostro cane...
    E noi falciam le messi a lor signori.

    Ebbro di sole ognun di noi barcolla;
    Acqua ed aceto, un tozzo e una cipolla
    Ci disseta, ci allena, ci satolla.
    Falciam, falciam le messi a quei signori.

    Il Sol ci cuoce, il sudore ci bagna,
    Suona la cornamusa e ci accompagna,
    Finchè cadiamo a l’aperta campagna.
    Falciam, falciam le messi a quei signori.

    Allegri, o mietitori, o mietitrici,
    Noi siamo, è vero, laceri e mendici,
    Ma quei signori son tanto felici!
    Falciam, falciam le messi a quei signori.

    Che volete? Noi siam povera plebe,
    Noi siamo nati a viver come zebe,
    Ed a morir per ingrassar le glebe.
    Falciam, falciam le messi a quei signori.

    O benigni signori, o pingui eroi,
    Vengano un po’ dove falciamo noi;
    Balleremo il trescon, la ridda, e poi...
    Poi falcerem le teste a lor signori.


    Giustizia, 1883




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