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    Pietro Metastasio

    La gelosia

    Perdono, amata Nice,
    bella Nice, perdono. A torto, è vero,
    dissi che infida sei:
    detesto i miei sospetti, i dubbi miei.
    Mai più della tua fede,
    mai più non temerò. Per que’ bei labbri
    lo giuro, o mio tesoro,
    in cui del mio destin le leggi adoro.

    Bei labbri, che Amore
    formò per suo nido,
    non ho più timore,
    vi credo, mi fido:
    giuraste d’amarmi;
    mi basta così.
    Se torno a lagnarmi
    che Nice m’offenda,
    per me più non splenda
    la luce del dì.

    Son reo, non mi difendo:
    puniscimi, se vuoi. Pur qualche scusa
    merita il mio timor. Tirsi t’adora;
    io lo so, tu lo sai. Seco in disparte
    ragionando ti trovo: al venir mio
    tu vermiglia diventi,
    ei pallido si fa; confusi entrambi
    mendicate gli accenti; egli furtivo
    ti guarda, e tu sorridi . . . Ah quel sorriso,
    quel rossore improvviso
    so che vuol dir! La prima volta appunto
    ch’io d’amor ti parlai, così arrossisti
    sorridesti così, Nice crudele.
    Ed io mi lagno a torto?
    E tu non mi tradisci? Infida! ingrata!
    barbara! . . . Aimè! Giurai fidarmi, ed ecco
    ritorno a dubitar. Pietà, mio bene,
    son folle: in van giurai; ma pensa al fine
    che amor mi rende insano,
    che il primo non son io che giuri in vano.

    Giura il nocchier, che al mare
    non presterà più fede,
    ma, se tranquillo il vede,
    corre di nuovo al mar.
    Di non trattar più l’armi
    giura il guerrier tal volta,
    ma, se una tromba ascolta
    già non si sa frenar.




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