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    Lorenzo de' Medici

    Canzona de' sette pianeti

    Sette pianeti siam, che l’alte sede
    lasciam per far del cielo in terra fede.

    Da noi son tutti i beni e tutti i mali,
    quel che v’affligge miseri, e vi giova;
    ciò ch’agli uomini avviene, agli animali
    e piante e pietre, convien da noi muova:
    sforziam chi tenta contro a noi far pruova;
    conduciam dolcemente chi ci crede.

    Maninconici, miseri e sottili;
    ricchi, onorati, buon’ prelati e gravi;
    sùbiti, impazïenti, fèr’, virili;
    pomposi re, musici illustri, e savi;
    astuti parlator’, bugiardi e pravi;
    ogni vil opra alfin da noi procede.

    Venere grazïosa, chiara e bella
    muove nel core amore e gentilezza:
    chi tocca il foco della dolce stella,
    convien sempre arda dell’altrui bellezza:
    fère, uccelli e pesci hanno dolcezza:
    per questa il mondo rinnovar si vede.

    Orsù! seguiam questa stella benigna,
    o donne vaghe, o giovinetti adorni:
    tutti vi chiama la bella Ciprigna
    a spender lietamente i vostri giorni,
    senz’aspettar che ’l dolce tempo torni,
    ché, come fugge un tratto, mai non riede.

    Il dolce tempo ancor tutti c’invita
    lasciare i pensier’ tristi e’ van’ dolori:
    mentre che dura questa brieve vita,
    ciascun s’allegri, ciascun s’innamori.
    Contentisi chi può: ricchezze e onori
    per chi non si contenta, invan si chiede.


    Canti carnascialeschi




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