Library / Literary Works

    Ludovico Savioli

    A Venere

    O figlia alma d’Egioco,
    Leggiadro onor dell’acque,
    Per cui le Grazie apparvero
    E ’l riso al mondo nacque.

    O molle dea di ruvido
    Fabbro gelosa cura,
    O del figliuol di Cinira
    Beata un dì ventura.

    Teco il Garzon, cui temono
    Per la gran face eterna,
    Ubbidíenza, e imperio
    Soavemente alterna.

    Accese a te le tenere
    Fanciulle alzan la mano:
    Sole ritrosa invocano
    Le antiche madri invano.

    Te sulle corde Eolie
    Saffo invitar solea,
    Quando a quíete i languidi
    Begli occhi Amor togliea.

    E tu richiesta, o Venere,
    Sovente a lei scendesti,
    Posta in obblío l’ambrosia,
    E i tetti aurei celesti.

    Il gentil carro Idalio,
    Ch’or le colombe addoppia,
    Lieve traea di passeri
    Nera amorosa coppia.

    E mentre udir propizia
    Solevi il flebil canto,
    Tergean le dita rosee
    Della fanciulla il pianto.

    E a noi pur anco insolito
    Ricerca il petto ardore,
    E a noi l’esperta cetera
    Dolce risuona amore.

    Se tu m’assisti, io Pallade
    Abbia, se vuol, nimica:
    Teco ella innanzi a Paride
    Perdè la lite antica.

    A che valer può l’Egida,
    Se ’l figlio tuo percote?
    Quel che i suoi dardi possono
    L’asta immortal non puote.

    Meco i mortali innalzino
    Solo al tuo nome altari;
    Citera tua divengano
    Il ciel, le terre, i mari.




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