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    Arrigo Boito

    Castello antico


    Là col crin di quercia e cerro,
    Tenebroso nel sembiante,
    Di tre secoli di ferro
    Sta lo scheletro gigante;
    Ritto e bruno, sulla fronte
    Del profilo erto d’un monte.

    O fastigi! o torri! o mura!
    Irti merli e snelli ogivi!
    Fu già un dì che in quell’altura
    Eravate eburnei, vivi,
    Come un sogno eccelso e bello
    Di fantastico castello.

    *

    V’eran prodi cavalieri,
    V’eran dame innamorate,
    V’eran baldi falconieri,
    V’eran paggi e v’eran fate,
    V’eran lagni di romanze,
    Giuochi e caccie e giostre e danze.

    *

    Tutto sparve. Fra le archiere
    Tesse il ragno le sue maglie,
    Le falene a schiere a schiere
    Sfioran l’orride muraglie
    E sul fosso asciutto e croio
    Dorme il ponte levatoio.

    Pur nei vesperi quïeti
    Dell’autunno erboso e molle
    Vengon giovani poeti
    A sognar su quelle zolle,
    Vengon vispe giovinette
    A danzar su quelle vette.

    *

    Ed allor gli antichi spenti,
    Quasi surti a novo bando,
    Dietro i rotti monumenti
    Stanno attoniti spiando,
    Vedon già tornei, gualdane,
    Menestrelli e castellane;

    *

    Sol che ai drappi ed ai giubbetti
    Manca il vaio e la lamiera,
    Sol che al manto ed ai farsetti
    Manca il paggio e la gorgiera.
    Sol che al petto del giullare
    Manca l’arpa ed il collare.


    Settembre 1863 (Luzzano)




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