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    Iacopo Vittorelli

    Per l’Illustre Oratore Signor Abate Parise, che avea predicato in Venezia

    Al Signor Marchese Giovanni Pindemonte celeberrimo Poeta.


    DEH china, o Pindemonte, il guardo estatico,
    E deponi le tibie lamentevoli,
    Per cui sul regal margine Adriatico
    Piangemmo a le Latine Orgie colpevoli1.
    Or chieggo solamente un inno enfatico
    Di quei, che tempri su le corde agevoli,
    Quando gli estri improvvisi ti commovono,
    E da la calda lingua i versi piovono.

    Chi negar puote le ginestre e l’ellere
    Al chiaro Vicentino, a l’Uom benefico
    Che a meno esperte man lasciando svellere
    Qualche fogliuzza di nappel venefico,
    Col braccio del valor tentò di espellere,
    Da l’infido terren l’Angue malefico2
    L’Angue, che respirava atra caligine,
    Onde appannare il Ver, che in cielo ha origine.

    * * *

    Uscito da un burrone malinconico,
    Ove il gufo d’Averno udiasi stridere,
    Pascevasi di fiele Babbilonico,
    E di fiele godeva ogni erba intridere.
    O Vinegia, o splendor del suolo Ausonico
    Chi fia che il maladello osi conquidere
    Qual arco illustre con un dardo semplice
    La dura ferirà scorza settemplice?

    Ecco il forte Parise. Ei sol determina
    L’empio affrontar, benchè minacci e sibile:
    Divin coraggio nel suo petto germina,
    E vantan l’armi sue tempra invincibile.
    Già già le afferra, e in un baleno estermina
    Il nemico del cielo Angue terribile.
    Corron le genti a l’orrido spettacolo,
    E portano le squame al Tabernacolo.

    * * *

    Questo è ben altro che d’insulsi e frivoli
    Concetti il vago Sermoncin dipingere.
    Questo è ben altro che ne’ Toschi rivoli
    La lezïosa paroletta intingere.
    Questi son pregi, che a lui solo ascrivoli,
    E che di laude eterna il debbon cingere:
    Questi sono aurei fasti, opre magnanime
    Riserbate soltanto a le grand’anime.

    Dunque perchè si tarda? Ecco già spirano
    L’aure propizie da i Tebani mantici,
    E a te d’intorno, o Pindemonte, girano
    Su l’ali desiose i nuovi cantici.
    Deh! se gli egregi fatti ancor si ammirano,
    Deh! porta il buon Parise a i lidi Atlantici;
    E scrivi le sue glorie in cento pagine,
    Che salve andran da la Letea voragine.

    Note

    1. La sua famosa Tragedia, che ha per titolo i Baccanali.

    2. Vuolsi alludere a certe rinomate Prediche del famoso Oratore, nelle quali valorosamente egli combattè la miscredenza.




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