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    Mario Rapisardi

    Duetto

    — A me che l’opra ignoro,
    A me la sorte amica
    Diede senza fatica
    La signoria dell’oro:
    Con esso armo la mano,
    Centuplico l’ingegno,
    E sopra il gregge umano
    Agevolmente ho regno.

    Dopo gli aranti buoj
    Suda il giallo bifolco,
    Nè m’importa che il solco
    La sua salute ingoj.
    Da’ miei palagi lieto
    Contemplo l’auree spiche,
    E il pingue frutto io mieto
    Di sue magre fatiche.

    Ansa con bieco volto
    Entro sulfurea buca,
    Ove non è che luca,
    Il minator sepolto.
    Ansa, abietto carname,
    Bestemmia, anima schiava,
    L’ergastolo e la fame
    Scava a te stesso, scava.

    A me fuman d’eletti
    Cibi le laute cene,
    Trescano le sirene
    Sovra i miei rosei letti,
    Chinansi a me gli alteri
    Con lusinghevol riso,
    Sbuffano i miei destrieri
    Ai sapïenti in viso.

    Verrà, se invano in terra
    Ognun la parca esora,
    Anche per me quell’ora
    Che gl’imi e i sommi atterra;
    Ma pria che l’orlo io tocchi
    De’ tenebrosi abissi,
    Pago chiudendo gli occhi,
    Potrò almen dire: Io vissi. ―

    II.

    — Trinca, donneggia, esulta,
    Mentr’io lavoro e gemo,
    Al mio dolor supremo,
    Figlio de l’oro, insulta;
    Pianta il purpureo trono
    Sull’ossa mie schernite,
    Ma l’avvenire io sono,
    Pensiero o dinamite.

    Tu il granitico monte
    Che al cielo erge la testa,
    Io la mazza modesta
    Che gli fiacca la fronte;
    Tu la valanga, ed io
    L’abisso che l’ingoja,
    Tu il despota ed il dio,
    Ed io d’entrambi il boja.

    In fetid’antro orrendo,
    Su putridi giacigli
    Il tozzo e il sonno a’ figli
    Come belva contendo;
    Con la cenciosa amica
    L’amor lurido mesco,
    E a me fame e fatica
    A te nemici cresco.

    Pulluleran da queste
    Carni cadenti a brani
    Vermi no, ma titani
    Da le feroci teste;
    E questo zolfo puro,
    Che per te cavo e spezzo,
    Del tuo palagio impuro
    Tergerà presto il lezzo.

    Sorgi, divampa, ruggi,
    O santo foco, a’ venti;
    Le carogne opulenti
    Purificando struggi:
    Su’l sangue e le rovine,
    Fuor da la fiamma edace,
    Ridano a tutti alfine
    La Libertà e la Pace. ―


    Giustizia, 1883




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