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    Pietro Gori

    Sante Caserio

    Lavoratori a voi diretto è il canto
    di questa mia canzon che sa di pianto
    e che ricorda un baldo giovin forte
    che per amor di voi sfidò la morte.
    A te, Caserio, ardea nella pupilla
    de le vendette umane la scintilla,
    ed alla plebe che lavora e geme
    donasti ogni tuo affetto, ogni tua speme.

    Eri nello splendore della vita,
    e non vedesti che notte infinita;
    la notte dei dolori e della fame,
    che incombe sull'immenso uman carname.
    E ti levasti in atto di dolore,
    d'ignoti strazi altero vendicatore;
    e t'avventasti, tu si buono e mite,
    a scuoter l'alme schiave ed avvilite.

    Tremarono i potenti all'atto fiero,
    e nuove insidie tesero al pensiero;
    e il popolo cui l'anima donasti
    non ti comprese, e pur tu non piegasti.
    E i tuoi vent'anni, una feral mattina
    gettasti al mondo dalla ghigliottina,
    al mondo villa tua grand'alma pia,
    alto gridando: «Viva l'Anarchia!».

    Ma il dì s'appressa, o bel ghigliottinato,
    che il tuo nome verrà purificato,
    quando sacre saranno le vite umane
    e diritto d'ognun la scienza e il pane.
    Dormi, Caserio, entro la fredda terra
    donde ruggire udrai la final guerra,
    la gran battaglia contro gli oppressori
    la pugna tra sfruttati e sfruttatori.

    Voi che la vita e l'avvenir fatale
    ofriste su l'altar dell'ideale
    o falangi di morti sul lavoro,
    vittime de l'altrui ozio e dell'oro,
    martiri ignoti o sciera benedetta,
    già spunta il giorno della gran vendetta,
    de la giustizia già si leva il sole;
    il popolo tiranni più non vuole.




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